Passeggiando per le nostre città…
Spesso ci imbattiamo in chiese moderne che stonano con il contesto urbano: edifici anonimi, privi di carattere, realizzati con materiali non idonei e senza attenzione all’estetica. Entrando, la sensazione di smarrimento non si placa: le opere d’arte sacra, se presenti, sono spesso confuse e prive di profondi e studiati contenuti religiosi.
Cosa è successo all’architettura e all’arte sacra? Come hanno perso la loro capacità di ispirare, attrarre ed educare alla fede?
Ammiriamo le cattedrali rinascimentali di Roma, come San Pietro, o di Firenze, come Santa Maria del Fiore. Le loro proporzioni perfette, l’uso di materiali corretti e idonei al contesto storico e climatico, come il marmo e il travertino, le opere d’arte di grandi maestri come Michelangelo e Raffaello creano un’atmosfera di sacralità e ispirazione che difficilmente si trova nelle chiese moderne.
Un altro esempio di equilibrio e armonia è lo studio dei templi pagani greci. Le loro forme semplici e geometriche, la perfezione delle proporzioni, l’uso di materiali resistenti, hanno creato opere di una bellezza senza tempo che ancora oggi ci lasciano a bocca aperta e non possono che essere essenziali spunti di riflessione e di studio tecnico-armonico anche per i nuovi progettisti.
Molte chiese moderne sono prive di bellezza e sacralità. Manca la cura per i dettagli, la ricerca di armonia e proporzione, l’uso di materiali in sintonia con il contesto. Le opere d’arte, spesso relegate a semplici decorazioni, non trasmettono alcun messaggio religioso, risultando confuse e incomprensibili.
Un sintomo preoccupante è la completa carenza di arte scultorea o decorativa, da sempre cardine dei messaggi religiosi. Le statue, i bassorilievi, le vetrate colorate, che un tempo educavano i fedeli e narravano le storie sacre, sono ormai scomparse.
Questa mancanza di bellezza e di messaggi chiari è sintomo di una non comprensione da parte dei progettisti del tema sacro. Sembra che l’architettura e l’arte sacra contemporanea abbiano perso la loro funzione originaria, smarrendo il loro ruolo di guida e di ispirazione per la comunità.
Cosa si può fare per migliorare la situazione?
- È necessario un ritorno alla bellezza, alla sacralità e al rispetto della tradizione.
- Incentivare la creazione di opere scultoree, pittoriche e decorative.
- Educare i fedeli al valore della bellezza e della sacralità nell’arte religiosa.
- Educare alla cristianità ma anche indirettamente al gusto, insegnando i principi di equilibrio, armonia e forma.
La totale incoscienza nell’uso di materiali soggetti al deterioramento fisico o chimico è un problema di primaria importanza. In zone con forti venti, vicino al mare con salsedine, o vicino a onde elettromagnetiche che deteriorano i ferri, è fondamentale scegliere materiali resistenti che non necessitino di costanti manutenzioni. L’utilizzo di materiali deboli alle piogge acide, oltre ad essere un danno estetico, comporta costi elevatissimi di gestione e manutenzione.
L’innovazione è possibile nell’architettura sacra, come dimostra la Sagrada Familia di Barcellona, progettata da Gaudí. Pur essendo un’opera decisamente moderna, la Sagrada Familia mantiene intatti i concetti di base del gusto, come l’equilibrio, l’armonia e la bellezza.
L’architettura e l’arte sacra contemporanea possono essere belle e ispirate se i progettisti avranno le conoscenze e la sensibilità necessarie per realizzare opere che siano in armonia con la tradizione e il messaggio religioso.
Dialoghi aperti:
- Quali sono le tue esperienze con l’architettura e l’arte sacra contemporanea?
- Quali sono i tuoi criteri per giudicare la bellezza di un’opera d’arte sacra?
Riflettiamo insieme su queste domande e cerchiamo di trovare soluzioni per migliorare la qualità dell’architettura e dell’arte sacra contemporanea.
Redazione
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Pubblichiamo di seguito un articolo/riflessione del Prof. Ciro Lomonte
Arte sacra oggi, appunti per un dibattito
Henri Matisse, Cappella di Santa Maria del Rosario a Vence
L’estate scorsa ho letto un articolo di Tomaso Montanari nel quale sosteneva che dovremmo fare uno sforzo maggiore per uscire dalle nebbie che gravano sul rapporto fra Chiesa Cattolica e arte contemporanea.
In seguito ho trascorso una settimana nella regione angioina della Francia e la bellezza di tanti capolavori del passato mi ha fatto percepire ancora più acutamente la sofferenza implicita nel quesito del professore.
Facciamoci anche noi qualche domanda. Possiamo interrogarci su sei questioni che esprimeremo in estrema sintesi. Ciascuna di esse richiederebbe ovviamente una trattazione molto più vasta.
1. Sacro? Non è vero che l’arte contemporanea sia nata in un contesto di ateismo. È stata influenzata dalla Società Teosofica (per es. De Stijl, culla del neoplasticismo), dall’Antroposofia (che ha condizionato fra gli altri Der Blaue Reiter, alle origini dell’astrattismo), dal Mazdaznan (neoreligione proposta al primo anno di corso del Bauhaus). Si tratta di varie forme di spiritualismo gnostico in aperto contrasto con la dottrina cattolica dell’Incarnazione della Persona del Verbo.
2. Religione? Non è vero che l’arte abbia uno scopo salvifico (questo lo pensano i sacerdoti della nuova arte, lo sosteneva già Piet Mondrian). L’arte è piuttosto la punta dell’iceberg dello stato di salute di una civiltà.
3. Ha senso oggi il figurativo? Sì, è anch’esso “contemporaneo”, in fondo più all’avanguardia di tante ripetitive esercitazioni cerebrali. C’è un museo a Barcellona dedicato agli artisti figurativi di oggi, il MEAM. Ma per produrre opere figurative ci vogliono autentici maestri. È molto laborioso raffigurare un viso, le mani, posture composte. E ottenere la corretta distanza fra l’osservatore e il soggetto rappresentato, specialmente nel caso dell’epifania del divino.
4. Chiese contemporanee? Non è vero – come si dice molto spesso fra i fedeli – che esse siano brutte. Semplicemente non sono chiese cattoliche, bensì templi dello spiritualismo esoterico. Il linguaggio è rigoroso e coerente, ma per altri culti.
5. Il motto di p. Marie Alain Couturier? Il domenicano francese diffondeva nel dopoguerra proclami come questo, dalle pagine de L’Art Sacré: «Meglio un genio senza fede che un cristiano privo di talento». Sarebbe ora di ribaltarlo, anche perché è un sofisma: «Meglio un genio credente che un artista tristemente privo sia di fede sia di talento».
6. Serve un ritorno dei committenti alla realtà? Sì, un ritorno alla realtà ed al buon senso, perché il re è nudo. Servono sacerdoti colti che sappiano fare le richieste giuste agli artisti. Servono artisti che servano, che sappiano servire. Come nel Duomo di Monreale. O come negli oratori in cui Giacomo Serpotta rappresenta con la sua inarrivabile maestria i concetti di virtù e di infanzia spirituale – i suoi meravigliosi bambini – che i teologi gli avevano commissionato.
Prof. Ciro Lomonte