Quando si parla di blues degli anni Sessanta si citano quasi sempre John Mayall, Alexis Korner, Long John Baldry e Cyril Davis, ma ci sono musicisti che al pari dei suddetti “santoni” hanno lavorato, e parecchio, per far conoscere ed apprezzare la “musica del diavolo”. Uno di questi è Peter Green (all’anagrafe Greenbaum), chitarrista, armonicista, e cantante londinese, da sempre attratto dal blues che, nel 1967 dopo aver suonato nella apprezzata e prestigiosa band di Mayall, decise di fondare una sua band: i FLEETWOOD MAC( dal nome dell’altro membro fondatore, il batterista Mike Fleetwood). Peter suonava la chitarra elettrica come pochi a quel tempo, e se si pensa che sostituì nei Bluesbreakers nientepopodimeno che il mitico “slowhand” Clapton- senza peraltro farlo rimpiangere- si può ben capire quanto fosse il suo talento e la sua bravura nel riproporre i vecchi standard del blues, e non solo quelli..I primialbum del gruppo erano veramente entusiasmanti e pieni di energia: “Fleetwwod Mac” e “Mr Wonderful” sono entrati prepotentemente nella storia del blues bianco, perché riproponevano il sound , l’atmosfera autentica, quella giusta, e le buone vibrazioni dei vinili degli anni quaranta/cinquanta di musicisti “leggende” come Elmore James.
Ma il loro capolavoro, il loro quarto album, che dovrebbe comparire sempre nelle migliori compilation e nelle discografie ufficiali del blues, rimane “Blues Jam at the Chess”, che li vede nella “windy city” patria del buon Blues elettrico, suonare a fianco di veri e propri mostri sacri come il bassista Willy Dixon, il pianista Otis Spann, il sassofonista JT Brown, il chitarrista Honeyboy Edwards, il batterista S.P.Leary ed l’armonicista Walter Shakey Horton. Questo doppio fu anche un omaggio della band inglese ai loro maestri indiscussi, fu un’operazione dovuta per chi come loro aveva avuto i primi successi , alla fine degli anni sessanta, suonando quella musica, così lontana, ma nello stesso tempo così tremendamente vicina, la musica che aveva generato a sua volta altri stili ed altri generi come il jazz, il beat, il rock o il pop(come si chiamava allora..). Peter & soci non hanno mai scimmiottato i maestri, anzi hanno fatto di tutto per risultare i più rigorosi e fedeli possibili al blues originale proposto dalle leggende di Chicago. Gli studi di registrazione della Chess erano una vera e propria istituzione in quegli anni, lì avevano registrato tutti i grandi nomi del blues americano, da Muddy Waters a Chuck Berry, da Little Walter a Bo Diddley, e lì arrivarono nel freddissimo gennaio del 1969 i Fleetwood Mac per dare alla luce il loro capolavoro di sempre! Keep on Bluesin’…FABIO TREVES |