Dal 12 al 27 novembre 2005 si terrà nella Città di Acqui Terme (AL) la mostra del maestro Saverio Terruso dal titolo “Il colore come forma di espressione”.
Le opere dell’artista saranno esposte a Palazzo Robellini. L’inaugurazione è prevista sabato 12 novembre 2005 alle ore 17,30 nella Sala d’Arte di Palazzo Robellini.
Orari di apertura: da Martedì a Sabato 16,30/19,00 – Domenica 11,00/12,30- 16,30/19. Lunedì Chiuso.
SAVERIO TERRUSO nasce a Monreale l’11 gennaio 1939. Dopo aver frequentato a Palermo i corsi della Scuola d’Arte fino al 1959, si trasferisce a Milano, dove segue a Brera i corsi di pittura, conseguendo il diploma. Ha insegnato pittura all’Accademia di Palermo e all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Dal 1979 è titolare della cattedra di pittura , che fu di Carpi, Carrà , Funi e Purificato ,presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Tra espressione e costruzione
di Francesco Poli
Saverio Terruso è un pittore di temperamento essenzialmente mediterraneo, legato culturalmente ed emotivamente alla sua terra d’origine, la Sicilia. Tutti i critici che hanno scritto di lui hanno ampiamente sottolineato questa specificità . Ripetere questo sembra dunque una cosa anche troppo scontata, con qualche rischio di retorica. Tuttavia, a tale proposito, mi pare importante fare una precisazione. È senz’altro vero che, per certi versi, la sicilianità è connotata da una forte antica caratterizzazione passionale, per quello che riguarda sia l’identità di appartenenza sociale, sia l’attaccamento alla propria terra, ma è altrettanto vero (come sanno tutti quelli che conoscono i siciliani) che l’altro aspetto peculiare è quello di una particolare attitudine razionale e di costruzione di visioni profonde della realtà , che, sul piano della produzione creativa letteraria e artistica, ha dato nel nostro secolo risultati di grande rilievo. Basti pensare ad un gigante come Pirandello, a Tomasi di Lampedusa, a Quasimodo e Sciascia, e nella pittura per esempio Guttuso.
Terruso, artista oggi cinquantenne, nei primi decenni della sua attività è stato più legato a una dimensione più espressionista e realista del linguaggio, caratterizzando la sua pittura in termini piuttosto drammatici, con forti tensioni deformanti e con colori di forte accensione timbrica. Ma nell’ultimo decennio circa, attraverso un processo di coerente trasformazione, ha fatto emergere sempre di più il suo gusto per la costruzione compositiva più razionalmente articolata, giocando sulla dialettica dei ritmi spaziali e su una tecnica di pennellate più vibrante e scandita.
Da un interesse dominato da preoccupazioni contenutistiche, dall’esigenza di una narrazione e descrizione in presa diretta con la realtà della tradizione contadina, è passato, senza comunque tradire il passato, ad una attenzione più meditata e compiaciuta dei valori formali e degli accordi cromatici. Questa volta è stata ben chiarita da Tommaso Trini, che scrive: “La nuova scena figurativa rompe con quella passata, pur continuandola.
È diversa ma contigua. Non più le scene di esterni e le terre aspre (…); non più voci oranti, processioni di figure, sciami di colori che riunivano l’originaria unità della natura con l’uomo. Ma soprattutto scene di interni, architetture di spazi linguistici, geometrie di cose e di figure silenti tra l’arabesco e il mosaico. L’arte di Terruso non solo si è maggiormente interiorizzata, ma rispetto al passato ha accentuato la costruttività dei segni”.
In ogni caso, l’ampia produzione pittorica dagli anni Settanta agli anni Ottanta, non ha perso nulla della sua vitale energia, agli occhi di chi la guarda oggi. Quei quadri continuano a trasmettere il fascino autentico di un mondo rurale che è ormai sul punto di scomparire definitivamente. È difficile non essere colpiti dalle facce severe e drammatiche, cotte al sole, dei contadini con la coppola, al lavoro o in trattoria; e da quelle donne melanconiche rinchiuse nei loro scialli, curve sulle loro attività quotidiane in casa, oppure protagoniste di grandi collettivi. Le vediamo nelle processioni religiose fluire lentamente tra i campi e le case di pietra dei paesi, con i ceri accesi in mano ed i volti dolorosi tutti uguali; e pare quasi di sentire i canti e le litanie attraverso i colori e le lunghe sequenze di segni reiterati.
Ma le vediamo anche nell’atmosfera più serena dei campi, impegnate nella raccolta delle olive. Per la verità in queste scene, più che le persone spiccano i vecchi alberi dai tronchi contorti e soprattutto il fogliame che il pittore ha trasfigurato in fluttuanti e fantasmagoriche chiome colorate. I tronchi, le foglie e i frutti diventeranno sempre più protagonisti nei quadri successivi, all’interno di composizioni più serrate e meno naturisticamente descrittive.
Nell’ultima fase di lavoro, i paesaggi di campagna, le colline di aspra bellezza e gli scorci marini, tendono a rimanere sullo sfondo, o a scomparire del tutto, con una messa a fuoco delle inquadrature progressivamente sempre più ravvicinata, ma su tele il più possibile di ampio respiro.
In tal senso, va ricordato innanzi tutto l’esempio forse più eclatante, vale a dire “Ramo Spezzato”, del 1994, una immensa tela di cinque metri per tre, dove il motivo del grande ramo orizzontale caduto per terra diventa una sintetica e possente struttura portante di una composizione che riesce ad essere allo stesso tempo realista, con le figure di uomini che spuntano qui e là tra rami e foglie, impegnati nel loro lavoro, e per certi aspetti quasi astratta.
In effetti il paesaggio dello sfondo ha perso ogni valenza descrittiva per trasformarsi in un incastro di ampie campiture rosse, blu e brune, che fanno da contrappunto geometrizzante alle fluide concentrazioni di pennellate nervose che danno vita al fogliame che vibra di toni gialli, verdi e azzurri.
Qui sono già presenti gli elementi costruttivi della svolta pittorica, ma non ancora portati alla soluzione definitiva, quella che caratterizza la costruzione formale delle più recenti composizioni: nature morte dominate dalla presenza di solidi geometrici (cubi, parallelepipedi, piramidi) multicolori che si combinano liberamente soprattutto con foglie e frutti rotondi (presumibilmente arance, ma con variazioni cromatiche fantasiose), ma anche con la presenza, in secondo piano di alberi o accenni di paesaggi (cieli azzurri o scorci di mare dalla finestra). In certi casi entrano in gioco anche dei pesci (un tema sviluppato in precedenza in tele dedicate per esempio a scene di mercato), oppure degli strumenti musicali, che costituiscono una novità assoluta in rapporto al passato.
Si può dire, dunque, che il fascino astratto della geometria ha progressivamente “contaminato” la realtà naturale, le memorie della sua Sicilia, trasformandole in frammenti selezionati, che pur mantenendo tutto il profumo delle memorie vissute, diventano protagonisti di nuove dimensioni dell’immaginazione plastica e pittorica.
Ma in ogni caso la pittura rimane quella di un colorista acceso e i poliedri che entrano in scena sono liberamente dipinti, senza rigide freddezze.
Sembra che, in modo del tutto personale, Terruso si sia ricordato di Cézanne, della sua volontà di rappresentare la natura attraverso le forme essenziali del cono, della sfera e del cilindro.
Anche la tecnica delle pennellate ha subito un’evoluzione rispetto al passato: come si è detto, è più vibrante e scandita, ha qualche somiglianza con quella di Cézanne e del primo cubismo, anche se i toni sono completamente diversi. L’impianto prospettico non è trasformato dalla scomposizione dei piani: tuttalpiù si assiste a un accentuato ribaltamento in avanti delle superfici di appoggio.
In alcuni quadri, insieme agli oggetti, ai frutti e alle foglie, e agli strumenti musicali, troviamo anche delle figure maschili e femminili, e in particolare dei grandi nudi, che con le loro forme curvilinee sì oppongono dinamicamente alle linee angolose e spezzate dei solidi geometrici. Ma il tema del nudo è affrontato anche da solo in tele di ampia dimensione: sono sequenze di figure, realizzate con energia espressionista, con toni grigio azzurri, che producono un effetto di fluttuante vitalità .
Una fluidità che ricorda il rincorrersi delle onde marine, ma in verticale. Qui la figura umana, la donna, si è spogliata di ogni connotazione realista per diventare, in qualche modo, una forma sintetica e idealizzata al servizio di grandiosi effetti formali.
Terruso è un pittore che ama soprattutto le grandi superfici. È sulle grandi tele di due metri per due, di tre metri per due, e anche oltre, che la sua tensione creativa interna trova uno sfogo adeguato. La sua pennellata ha molto più respiro, le stesure cromatiche acquistano anche un impatto fisico che enfatizza quello visivo, e l’impianto compositivo diventa più solidamente plastico.
Di recente, l’artista si è cimentato con un lavoro che deriva dalla sua pittura, ma che è realizzato in legno e con elementi solidi in rilievo: sì tratta di composizioni in bassorilievo, con solidi, foglie e frutti, che vengono scolpiti sulla tavola o incollati sopra, e poi colorati. Il risultato è, rispetto a quadri con soggetti analoghi, più specificamente decorativo.
Pur avendo raggiunto una ben precisa ed efficace sicurezza di linguaggio, strettamente coerente alla sua poetica, credo che l’artista non si fermerà qui: sicuramente ci riserverà nuove sorprese nel prossimo futuro