C’è un musicista inglese che è diventato famoso per la sua tecnica e il suo gran feeling, ha scritto le pagine più belle del blues bianco di tutti i tempi ed è riuscito a coniugare tradizione ed innovazione, soprannominato sin dai suoi esordi “manolenta”- “slowhand”, ha inciso decine di album e ha suonato, come ospite, in centinaia di dischi di suoi illustri colleghi: Eric Clapton.
Sin da giovanissimo si è avvicinato al Blues e ai suoi portabandiera e negli anni sessanta ha fondato il suo primo gruppo, i Powerhouse, dal quale ne uscì per suonare con gli Yardbirds e poi per seguire il “santone” del Blues revival inglese: John Mayall.
Di quello storico disco del 1966 ve ne ho parlato già diverse volte, e c’è un motivo molto semplice, è stato infatti il primo disco di blues, in Europa a vendere centinaia di migliaia di copie, realizzando così un primato che per anni ha resistito al tempo e al cambiamento delle mode musicali.
Era un album della Decca, registrato nei prestigiosi studi londinesi, Mayall era alla sua terza esperienza discografica e seppe scegliere dei comprimari incredibili: Clapton alla chitarra, John McVie al basso elettrico e Hugie Flint alla batteria; una formazione di quartetto standard per riproporre brani di blues elettrico che per la prima volta facevano conoscere a moltissimi giovani, interessati più al rock & roll di quel periodo, i nomi di Robert Johnson, Freddy King e Mosè Allison
. Questa fu la grande intuizione di Mayall e la sua incredibile lungimiranza nel vedere in Eric Clapton una futura e radiosa star della musica, senza quel giovane chitarrista, dotato di un tocco vellutato e di una carica espressiva particolare l’album non sarebbe decollato, sarebbe rimasto un buon disco di blues e basta, mentre invece , a distanza di trentasei anni, è considerato a ragione uno dei dischi “culto” per l’intera discografia blues di tutti i tempi.
Dopo l’esperienza con Mayall Eric Clapton ha formato lo storico trio dei Cream, con Ginger Baker alla batteria e il bassista Jack Bruce, il loro era un suono decisamente più greve e rock, ebbero un’intensissima attività concertistica in tutto il mondo fino al loro scioglimento avvenuto nel 1969, poi arrivarono momenti un po’ bui, dovuti ad una tossicodipendenza pericolosa, dalla quale”Slowhand” ne uscì definitivamente solo parecchi anni dopo.
Proprio per ricordare al suo vastissimo pubblico i pericoli della droga Clapton ha fondato una comunità di recupero che lo ha fatto apprezzare per la sua generosità ed il suo impegno sociale. Già perché come spesso ha confessato in tante interviste lui si considera fortunato e ha capito che per un musicista che ama il blues come nient’altro, non esistono mezze misure nel cercare di sconfiggere una piaga che ha falcidiato tante carriere illustri.
“La droga non mi ha aiutato certo nel mio lavoro di musicista, anzi…stavo ore a pensare ma non riuscivo a scrivere neanche una nota buona.. devo ringraziare il Signore e la mia passione per il Blues se sono riuscito a recuperare la fiducia in me stesso dopo quello che ho passato( tra cui la tragica perdita di suo figlio, precipitato da una stanza d’albergo,n.d.r.)…così ho deciso di dedicare un po’ del mio tempo e dei miei guadagni per aiutare gente e giovani che si sono messi in un vicolo senza uscita apparente, ma come dice un vecchio blues di Muddy Waters:”..prima o poi ci sarà la luce anche per chi è abituato a vederla di nascosto..”.
Ultimamente per Eric sono arrivati grandi soddisfazioni: premi, riconoscimenti, dischi di platino, tour mondiali e soprattutto la realizzazione di un suo vecchio sogno e progetto: duettare con il grande maestro B.B.King!
Il cd s’intitola”Ridin’ with the KING”ed è un vero capolavoro, ve lo posso assicurare.