Ogni individuo sviluppa un proprio percorso neurobiologico in funzione delle stimolazioni a cui viene esposto.
Già Ippocrate aveva definito il cervello come una ghiandola mammaria, intuendone le capacità secretive scientificamente dimostrate solo da pochi anni.
Negli anni Venti i coniugi Sharrer dimostrarono la produzione di sostanze ormonali nella parte anatomica del cervello definita ipotalamo.
Nel 1986 a Rita Levi di Montalcini è stato assegnato il Premio Nobel per la medicina per la scoperta dell’ NGF (fattore di accrescimento del sistema nervoso), il primo ormone prodotto dal sistema nervoso. La ricercatrice ha identificato l’NGF nel 1935 e da allora lavora con questo ormone nel laboratorio di ricerca da lei fondato, avendone dimostrato le fondamentali proprietà di stimolo sul sistema endocrino e sul sistema immunitario.
Nel 1995 la scienziata tenne a Boston un’affascinante conferenza in cui presentò i risultati di cinquant’anni di ricerche sulle correlazioni fra sistema nervoso fra sistema nervoso centrale, sistema endocrino e sistema immunitario.
Possiamo ritenere a tutti gli effetti Rita Levi di Montalcini il vero fondatore della Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI).
Quindi il nostro cervello – da sempre studiato come organo immanente con le sue strutture anatomiche ben definite da grandi studiosi come Cayal e Golgi e suddivise in rete neuronale, cellule gliali, tessuto, di sostegno – solo negli ultimi trent’anni è stato valorizzato come il più attivo organo endocrino capace di correlarsi attraverso i recettori e neuromediatori o neuropeptidi con tutti gli altri organi.
L’ulteriore grande scoperta di questi ultimi anni è derivata dalla conoscenza che è proprio il neurone ad avere proprietà endocrine e a secernere ormoni, e che i segnali elettrici, attivati dalla rete neuronale nella fase cognitiva di un individuo, si trasformano in segnali chimici con conseguenze liberazione di sostanze definite neurotrasmettitori o neuropeptidi che si depositano sui recettori cellulari.
I recettori, a loro volta, intromettano queste sostanze all’interno della cellula nervosa. Ma gli stessi recettori per questi neurotrasmettitori li troviamo anche sulla superficie dei globuli bianchi conosciuti come linfociti, organi chiave del sistema immunitario. I linfociti, quindi, si comportano come un “sensore” circolante dotato sulla sua superficie cellulare di una moltitudine di recettori deputati, in grado di identificare lo stimolo neuropeptidico e di liberare a loro volta neuro – ormoni in funzione delle esigenze del tessuto in cui accorrono.
È proprio degli ultimi anni infatti la scoperta che quando nell’organismo viene provocato uno stimolo infiammatorio, i linfociti che vengono liberati in questa zona producono localmente microquantità di sostanze oppiacee in grado di sedare il dolore.
Analogamente alle sostanze oppiacee è stato recentemente dimostrato che i linfociti producono neuro-ormoni esattamente uguali a quelli prodotti dall’ipotalamo, area del cervello anatomicamente responsabile anche della trasformazione della memoria a breve in quella a lungo termine.
In conclusione, si è visto che la produzione di neuro – ormoni centralizzata nel cervello e, in particolare, nell’ippocampo è controllata quantitativamente dagli stessi neuro – ormoni prodotti in periferia dai linfociti, con un perfetto meccanismo di feedback inibitorio e attivatorio in grado di mantenere costante il livello di questi neuro – ormoni nel sangue circolante.
La rete generale di comunicazione neurochimica nel nostro organismo è diffusa attraverso un sistema anatomico, definito tessuto neuroendocrino, presente in tutti gli organi e in grado di attivarsi in funzione degli stimoli locali che gli pervengono.
Tale sistema neuroendocrino sembra essere la risposta a quanto espresso nei Veda, testi sacri induisti del 1500 a. C., in cui il corpo e la mente di ogni essere umano costituiscono il luogo privilegiato ove si incarna la dualità cosmica originaria.
Secondo l’anatomia e la fisiologia indiana tradizionali, il corpo degli individui è solcato da una rete intricatissima di innumerevoli nadi (tubi, in sanscrito) che sono i canali attraverso i quali circola il prana, energia vitale.
Il sistema neuroendocrino rappresenta la risposta della medicina moderna alla domanda che si ponevano i medici, biologi e orientalisti sul significato di tali condotti energetici.
Su queste premesse neuroanatomiche è evidente come sia importante attivare a livello cerebrale e in modo fisiologico lo sviluppo neuronale, seguendo le tappe oramai codificate da secoli in cui vengono periodicamente attivati dapprima tutti i neuroni deputati. Per neurone deputato si intende il neurone responsabile da sempre di determinate funzioni.
Prendiamo, per esempio, lo sviluppo dell’area visiva nel cervello.
Quando il bambino nasce, lo stimolo luminoso attraverso l’occhio e il nervo della vista arriva alla corteccia e attiva i neuroni biologicamente predisposti nell’area visiva. Se il bambino presenta un’opacità del cristallino e lo stimolo luminoso non raggiunge perfettamente l’area visiva, tali neuroni non si attivano e decadono nella loro funzione entro un tempo abbastanza rapido (circa un mese). Se il bambino viene operato tardivamente corre il rischio di rimanere con un grande difetto visivo, in quanto lo stimolo tardivo non attiva più i neuroni deputati, ma ne attiva altri che diventano vicari e che non sono in grado di funzionare correttamente.
Così come tutti i percorsi di provocazione sensoriale devono rispettare determinati tempi per la definizione di tutte le aree cerebrali deputate alle diverse funzioni, se ne può dedurre che anche per i processi cognitivi si debbano rispettare dei tempi di stimolazione che permettano una corretta costruzione della “intelligenza” di un individuo in funzione dell’etnia a cui appartiene. Il tentativo troppo precoce di stimoli superiori potrebbe portare come conseguenza a scompensi cognitivi con conseguente importante disturbo nervoso.
Tipico esempio di un precoce tentativo di eccedere nel percorso di apprendimento di un individuo è la dislessia. Questo disturbo infatti è la conseguenza di un eccesso di attivazione nell’area del linguaggio quando si tenti di far apprendere al bambino più lingue contemporaneamente in età troppo precoce.
Negli ultmi anni infatti proprio il linguaggio è stato identificato e studiato dai neuroanatomici come organo precostituito che si attiva in funzione dell’etnia che lo induce.
È chiaro quindi come la costruzione razionale di un individuo non possa mai prescindere dallo sviluppo emozionale e, a questo proposito, invito a leggere il libro di Antonio D’Amaso L’errore di Cartesio (Adelphi, Milano 1995), in cui l’autore dimostra come lo sviluppo dell’intelligenza di un soggetto non possa mai essere disgiunta dallo sviluppo emotivo, proprio per motivi di fisiologia.
Una volta che tutto il percorso biologico storico, di un individuo, sia cognitivo che emozionale, sia stato definito, diventa interessante stimolare il “nuovo” con azioni di provocazione culturale multimediale che attivano nuovi archi neurobiologici potenzialmente preesistenti, ma che si costituiscono in funzione dell’evento scatenante.
La riflessione che ne nasce di quanto il nuovo sia veramente nuovo o semplicemente predeterminato.
Alla luce delle recenti scoperte delle neuroscienze, con la capacità dei neuroni di assumere funzioni vicarie in assenza dell’attivazione dei neuroni deputati, la riflessione è che il “nuovo” derivi da una matrice biologica neuronale che sviluppa nuovi percorsi in funzione del tipo di provocazione.
È evidente come, su un piano anatomico, ogni individuo, una volta definito il suo standard, sviluppa un suo percorso neurobiologico in funzione dell’addestramento cognitivo a cui viene esposto.
Quanto questo percorso possa essere preesistito in altri individui è difficile a dimostrarsi, ma sicuramente è. Se, ad esempio osserviamo un quadro del Lorenzetti, esposto nel Museo del Duomo di Siena, in cui si osserva una barca adagiata sul bagnasciuga, è immediata la sensazione di un’atmosfera surrealista, ma il surrealismo, come momento storico codificato, nasce nel Novecento con Manritte.
La stessa considerazione la possiamo fare osservando i Prigioni di Michelangelo, opera apparentemente non terminata, che evoca immediatamente un percorso informale, ma noi sappiamo come l’arte informale nasca ufficialmente negli anni Trenta negli Stati Uniti con l’action painting.
Queste riflessioni non risolvono il quesito di quanto il “nuovo” elaborato dal cervello pensante, anche di un genio, sia veramente nuovo o sia semplicemente un percorso neurobiologico preesistente in tutti noi e da lui attivato.
È per questo che ritengo come il vero ricercatore, anche in campo scientifico, sia ben espresso dall’artista capace, con la sua creatività , di esplorare nuovi percorsi che solo successivamente la storia riconoscerà come validi.
Uno degli esempi più recenti di queste esplorazioni è dato dalla ricerca di John Cago che, nato come allievo ortodosso di Schoemberg alla scuola di Darmstadt, superò portandolo ad evoluzione, quel percorso musicale avventurandosi in ricerche apparentemente di pura provocazione. Cage infatti compose musica ricostruendo ritmi segnati dal percorso, ad esempio, di una pallina di vetro sulla sabbia, convinto che la vera armonia potesse derivare solo dalla casualità dell’evento. In questo modo anticipò di trent’anni le teorie del caos, che hanno riconosciuto nel movimento caotico le basi dell’armonia universale.
Un altro artista ancor oggi in auge, Hob Wilson, sviluppò negli anni Sessanta, in teatri Underground, anche in assenza di pubblico, delle pièces teatrali che duravano – senza interruzione – numerose ore, in cui nessuna azione si sviluppava, ma gli attori, movendosi lentamente ed emettendo vocalizi, lasciavano che il fluire del tempo fosse l’unico responsabile del mutamento, anticipando le ricerche in fisica che solo recentemente hanno dimostrato l’impossibilità di definire la struttura per il suo continuo cambiamento di stato in funzione del tempo.
Penso sia importante affiancare il discorso artistico a quello scientifico, filosofico e musicale, per introdurre un reale cambiamento culturale che possa significare una crescita generale della collettività con un meccanismo, come dice Colud, di “diffusione” e non di divulgazione. Per “diffusione” ritengo si debba intendere una inter-azione individuale, come per contagio, che nel tempo sia in grado di indurre uno sviluppo di tipo evoluzionistico, entrando a far parte del nostro patrimonio genetico.